C’è un settore in cui il diritto, incontra una resistenza insperata della politica. Nonostante quest’ultima si sia arresa e posta in una condizione innegabilmente subalterna al potere giudiziario che negli ultimi decenni ha fatto e disfatto Governi; nominati e dimissionati Ministri; programmate e sconfessate politiche migratorie infatti, c’è ancora una sacca di resistenza al Miur, evidentemente. Che guardiamo con simpatia, beninteso. Sono nove infatti, i mesi trascorsi dalla pronuncia della sentenza n. 28111/2019 con la quale la Corte di Cassazione emendava il potere sostitutivo dei dirigenti scolastici di infliggere la sanzione disciplinare grave di sospensione dal servizio dei docenti ristabilendo il principio del rinvio agli uffici di competenza disciplinare previsti dai contratti collettivi nazionali, senza che il Ministero con sede in viale Trastevere a Roma, abbia modificato la Circolare n. 88/2010 e recepito la Pronuncia della Suprema Corte. Non ne ha l’obbligo. Con la contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego (1993), le sanzioni sono considerate atti negoziali di diritto privato, ma a noi lavoratori piace immaginare che il ritardo sia un ultimo gesto di disappunto al solo ed unico potere pervasivo ed onnipresente della nostra Repubblica.