Scuola e innovazione, i laboratori LAI tra palco e realtà

La nuova pedagogia, tra palco e realtà. Dalla prima riforma Berlinguer, si è avviata la “destrutturazione della cattedra”, nella scuola italiana. Una nuova scuola immaginifica è implementata nello stesso sistema istruzione che tante eccellenze aveva dimostrato di saper generare in ogni campo sociale, scientifico e culturale in favore di un modello che di formativo ed educativo non conserva alcunché. La scuola, come circolo ricreativo; luogo di intrattenimento che non è più capace di dotare i giovani degli strumenti necessari alla crescita ed emancipazione al fine di valorizzare i talenti esclusivi di ciascuno

di [Il Lavoratore]

Nei giorni scorsi si è svolto un corso di formazione rivolto a dirigenti scolastici e docenti sul tema dei Laboratori di Apprendimento Innovativo (LAI), nuova frontiera dell’educazione digitale promossa dal Ministero nell’ambito del PNRR. L’iniziativa, documentata in un nostro recente video-reportage , mette al centro le trasformazioni in atto nel mondo della scuola pubblica.

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Ma cosa c’è dietro il linguaggio entusiastico dell’“innovazione didattica”? E soprattutto, quanto spazio reale hanno le scuole per progettare, sperimentare e scegliere, senza subire passivamente l’ennesimo pacchetto formativo preconfezionato?


Innovazione calata dall’alto

Il modello LAI si presenta come un sistema flessibile, laboratoriale e tecnologico. Parole chiave come “gamification, learning by doing, STEM“, spazi modulari e ambienti digitali dominano i documenti ufficiali. Tuttavia, anche in questo caso, la forma sembra sovrastare la sostanza.

Molte scuole si sono viste assegnare fondi con tempi stretti, obiettivi standardizzati e vincoli tecnici rigidi. I docenti, spesso non coinvolti nei processi decisionali, si ritrovano destinatari di formazioni frontali su strumenti che poco hanno a che fare con le reali esigenze didattiche. I dirigenti, invece, sono chiamati a “rendicontare l’innovazione”, più che a progettarla.


Un’occasione sprecata per la valorizzazione del merito

In tutto questo, ciò che manca è una reale valorizzazione del capitale umano interno alle scuole. Le competenze didattiche, progettuali e digitali già presenti tra i docenti più motivati e preparati non vengono intercettate né premiate.

Non esiste un sistema di riconoscimento del merito professionale che incentivi chi davvero contribuisce all’innovazione quotidiana. I fondi sono uguali per tutti, distribuiti a pioggia, e le ore di formazione obbligatorie appiattiscono ogni diversità di approccio. Il rischio è che i LAI diventino un’etichetta, un nuovo involucro da esibire in sede ispettiva o nei bilanci sociali, senza un impatto concreto sulla qualità dell’insegnamento.


Il ruolo dimenticato della valutazione

Il punto più critico resta, ancora una volta, l’assenza di valutazione oggettiva. Non esiste un meccanismo affidabile per capire se i progetti LAI abbiano davvero migliorato l’apprendimento, valorizzato i docenti più preparati o rafforzato l’autonomia scolastica. Si misura solo il rispetto delle scadenze, la spesa dei fondi, la produzione di “report”, ma non la performance reale degli attori coinvolti.

In un sistema serio, la valutazione dovrebbe essere leva strategica, non adempimento burocratico. Chi sperimenta, rischia, migliora, forma colleghi e produce risultati tangibili, dovrebbe essere premiato in modo differenziato. Il resto è marketing istituzionale.


Conclusione: la scuola ha bisogno di autonomia e merito, non di etichette

Il progetto LAI poteva (e può ancora) rappresentare un punto di svolta per la scuola pubblica. Ma solo se accompagnato da una vera politica del merito, che premi l’impegno, la competenza e la capacità progettuale dei singoli insegnanti e delle équipe scolastiche. Senza questo, anche l’innovazione rischia di diventare l’ennesima moda passeggera, buona per qualche convegno e qualche slide ministeriale.

Il Lavoratore continuerà a monitorare l’evoluzione di questi programmi, convinto che l’innovazione – quella vera – cominci dalla capacità di ascoltare chi lavora ogni giorno nelle aule e negli uffici delle nostre scuole.


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